Karpathos isole greche tradizione

silenevillas

03 Aprile 2018

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Karpathos isole greche tradizione

Ha il colore di mare più stupefacente, spiagge di bellezza incredibile, ma non veniteci per questo. Qui si viene per amare la Grecia, e respirare il Mediterraneo com’era

 

Da quando sono tornata da Karpathos c’è un’immagine che mi torna in mente. Rientravamo dopo aver esplorato la costa nord e l’isola di Saria, separato dall’isola principale da un braccio di mare, disabitato se non fosse per qualche capra e per 40 foche monache, che qui, in questo spazio di mare blu come pochi, hanno ancora voglia di vivere, dormendo nelle grotte profonde e luccicanti. L’isola è coperta di boschi e macchia mediterranea, profuma di elicriso e di cisto, ha baie segrete colomba si rifugiano i pescatori del Mediterraneo nella loro vita nomade.

 

Ha spiagge stupende dove senti il ​​rumore del niente, delle onde e del vento.

 

A Saria, nella caletta di Palatia, si insediarano i pirati saraceni e le case in pietra con le cupole ogivali sono ancora lì, sotto il sole. Sulla costa nord di Karpathos cammini vieni in un sogno nell’antica città disabitata di Vrokounda, procedi su sentieri di pietra liscia e poi lungo una scala che scende dentro la terra, sotto, al buio, in una grotta sacra che profuma d’incenso.

 

C’è un altro paese deserto in questo regno di mare e roccia. Si chiama Tristomo e a dire il vero fino a un paio di anni fa ci viveva una coppia di anziani. Vieni tutti per le parti si sono sposati su procura, incontrandosi il giorno delle nozze. Ci si sposava presto, le donne verso i 13-15 anni, e loro dovute a 80 anni passati erano ancora lì: vivevano soli, senza elettricità, lontani quasi mai da barca dal primo paesino abitato, quando il mare lo consete.

 

Cosa è stato per sapere questo tempo non è dato da sapere, probabilmente il necessario, ma si sa che non hanno bisogno d’altro. Lui ogni tre giorni andava in paese a prendere qualcosa, oltre la pesca, una capra e l’orto. È morto, mi sono detto, è così, è una verità, un modo in cui ci si può venire, a Milano e in campagna, per mangiare con gli amici. Quando ci siamo passati una di queste casette aveva la porte aperte. Dentro esposti: Dimitri che ha avuto una settantina di anni e ha lavorato tutta la vita in un bar del Maryland, sua moglie che dalla cucina porta sul tavolo piatti enormi di pasta con ragù di capra, insieme al pesce fritto appena pescato. La mamma di Dimitri era sul divano e si mangiava un pescetto. 95 anni, vestita con il costume tradizionale, un abito nero con corpetto ricamato di colori, un copricapo a metà tra il turbante e il fazzoletto. Una coppia di turisti, il capitano della nave che porta i visitatori a Saria, poi sono arrivati ​​dei francesi, presumibilmente in barca a vela, Dino, che gestisce l’unico diving, amministra il Parco marino che protegge questo mare e ha grandi sogni per lo sviluppo (ecologico) dell’isola.

 

 

Dopo poco siamo anche noi seduti a mangiare, accolti vieni nei posti di frontiera, dove la cordialità è la prima parola. O come nell’antica Grecia, così come racconta Omero: gli ospiti inattesi sono invitati a partecipare al banchetto, e solo dopo aver mangiato insieme, stanno camminando per arrivare fino a lì.

 

Tornando sul mare della sera il piccolo motoscafo di Dino saltava sulle onde, così alte che sembrano stranamente si stendono al nostro passaggio. Allora, era ormai il tramonto, siamo passati un fianco ad una barchina in legno con un piccolo motore. Sopra c’è un uomo molto vecchio, vestita di nero con gli abiti tipici. Le mie foto, le spiagge di ogni tipo, bellissime, i ristoranti, i paesini arroccati sotto le stelle nel cuore della grande isola. Ma quella lì racconta di un luogo speciale come credo ne restino pochi nel nostro stupefacente Mediterraneo. Qui è la vita di ogni giorno è venuto quella che conduce da almeno due millenni, dove esistono persone e paesi che vivono immersi in una tradizone e cultura che è lì lì per cedere, ma che ancora rimane salda, ed è così antica che sai che è anche la tua, e non puoi fare a meno di amarla.

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